sabato 18 ottobre 2008

"Il nuovo libro di Marcello Pera" - di Alessandro Litta Modignani

Il nuovo libro (mistificatorio) dell’ex presidente del Senato

di Alessandro Litta Modignani - da “L’Opinione” del 26 novembre 2008

Chi si rivede: Marcello Pera. L’ex presidente del Senato, completamente emarginato dalla scena politica, torna nelle librerie con un titolo che è tutto un programma: “Perché dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l’Europa, l’etica”. Già di per sé, l’uso imperativo di quel “dobbiamo” suona vagamente minaccioso e tutt’altro che liberale. Pera ambirebbe a parafrasare il celeberrimo saggio di Benedetto Croce e a riallacciarsi alla grande tradizione del liberalismo classico, per meglio liquidare l’uno e l’altra e offrirli in dono, come agnelli sacrificali, all’autore della prefazione, Papa Benedetto XVI. L’operazione è a tal punto scoperta e strumentale da risultare non solo culturalmente inefficace, ma persino un po’ ridicola.

Il pensiero crociano, spiega Pera, non basta più. Dobbiamo spingerci oltre. “Non c’è liberalismo senza Dio”, dunque dobbiamo “alzare la bandiera cristiana” e “coltivare una fede”, oppure “oggi che è diventato anti-cristiano, il liberalismo è senza fondamenti e le sue libertà sono appese nel vuoto”. Perciò anche definirsi “cristiani per cultura”, cioè nel senso generico della civiltà occidentale, non è più adeguato alle sfide del XXI secolo.

In realtà, come ha già notato efficacemente Massimo Teodori in un saggio del 2006 (“Laici – L’imbroglio italiano”) Marcello Pera ha ormai da tempo operato un netto distacco dalla cultura liberale. Egli stesso lo ha riconosciuto: “Il mio liberalismo richiede di essere seriamente e profondamente riparato... La nostra vecchia idea di società libera, o società aperta, non basta più a risolvere i problemi della crisi culturale e spirituale europea... I vecchi concetti di Stato laico, separazione Stato-Chiesa, religione-politica, morale-diritto devono essere ripensati” (convegno “Libertà e laicità”, Fondazione Magna Charta, 15 ottobre 2005). Altro che Benedetto Croce ! E altro che Karl Popper, del quale Pera è stato in anni lontani uno dei massimi studiosi. Non si capisce davvero in virtù di quale astrazione, un personaggio che dice e scrive queste cose, possa pretendere di continuare a definirsi liberale, senza suscitare una crisi di ilarità generale.

Queste teorie neo-temporaliste e neo-clericali di Pera sono a tal punto ingenue, in linea con l’altezzosa presunzione del personaggio, da meritare solo di essere snobbate. Assai più interessante e davvero illuminanti, semmai, sono le due paginette di prefazione che Papa Ratzinger ha vergato di suo pugno, a mo’ di imprimatur. Nell’elogiare il libro, Benedetto XVI scrive: “Ella spiega con grande chiarezza che un dialogo interreligioso, nel senso stretto della parola, non è possibile.... senza mettere fra parentesi la propria fede”. Ma proprio il dialogo interreligioso non era forse stato il più forte elemento innovatore emerso dal Concilio, voluto da Giovanni XXIII e poi realizzato, con molte prudenze, da Paolo VI ? Ecco dunque spiegato il senso profondo dell’operazione politico-culturale del libro. Dopo la “sana” laicità, è l’ora della “giusta interpretazione” del Concilio, cioè l’affossamento di entrambi. “Il liberalismo può collegarsi a una dottrina del bene, in particolare quella cristiana, offrendo così il suo contributo al superamento della crisi”, concede il Papa. Bontà sua. Il liberalismo europeo, fortunatamente, ha spalle abbastanza larghe da non farsi intimidire da questi tentativi di esproprio. Quello italiano, purtroppo, assai meno.

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